Investire in Italia è possibile? Scopri di più sul nostro approfondimento di oggi.
Gli investimenti nel nostro Paese sono nettamente inferiori a quelli che si registrano negli altri Stati europei. Coloro che hanno dei capitali a disposizione e vorrebbero metterli a frutto, infatti, spesso incorrono in diversi problemi.
Chi investe in Italia va inevitabilmente a scontrarsi con un sistema non sempre aggiornato alle attuali esigenze del mondo imprenditoriale. Basti pensare al problema della burocrazia o alla vocazione per le piccole e medie imprese del nostro territorio.
A questo si aggiunge anche la ricerca di investimenti a basso rischio, che si ripercuote direttamente sulle startup in cerca dei primi fondi per avviare l’attività, con un effetto a cascata sul bisogno di trovare finanziamenti.
Ecco quindi nel dettaglio i principali problemi di chi investe in Italia.
Sommario
La difficoltà nel trovare Seed Capital
Si tratta della prima fase di ricerca e raccolta di fondi da parte del fondatore di una startup. Questo consente all’imprenditore di avviare la sua attività anche se non ha a disposizione fondi propri. Generalmente un supporto in questo senso arriva dai venture capitalist che, se credono nel progetto, lo finanziano.
In Italia, negli ultimi anni, si è verificata una notevole diminuzione di investimenti da parte dei venture capitalist nella fase di seed capital, perché si tratta di quella più rischiosa.
Preferiscono, infatti, investire in startup che esistono già da qualche tempo, con team quasi al completo, che hanno una strategia meglio definita ed una traction. Tendono, infatti, ad aspettare i primi risultati per valutare l’investimento e diminuire il rischio, finanziando eventualmente i round successivi.
Gli investitori che hanno deciso di investire in Italia hanno così trovato due principali alternative per aggirare il problema e trovare fondi per avviare la propria startup. Si tratta del crowdfunding e degli acceleratori di startup o incubatori d’impresa.
Quest’ultimi possono rappresentare una vera svolta per gli imprenditori, perché danno un aiuto concreto alla startup. Sono esperti che indirizzano ed aiutano nella definizione del progetto. Accompagnano quindi i fondatori dalla prima intuizione fino alla fase di presentazione del prodotto ad una platea di possibili investitori, per passare poi al venture capital vero e proprio.
Investire in Italia: l’altra faccia del crowdfunding
Questa forma di microfinanziamento ha avuto una rapidissima crescita anche in Italia negli ultimi anni. Il funzionamento è molto semplice: la startup presenta l’idea ad un pubblico potenzialmente illimitato, che sostiene l’avvio dell’attività investendo piccole somme di denaro, provenienti dai risparmi.
Per quanto possa sembrare un meccanismo comprensibile e lineare, può nascondere però delle insidie derivanti dal tipo di investitori a cui ci si rivolge. La linearità del meccanismo attira spesso piccoli risparmiatori impreparati e non totalmente consapevoli dei rischi che corre il loro capitale.
Anche perché in media le startup che si affacciano al mercato del crowdfunding tendono ad essere sopravvalutate.
Una valutazione iniziale troppo alta potrebbe portare ad ottenere dei parametri di crescita non in linea con l’investimento fatto e andare ad influenzare negativamente i round di venture capital successivi, rischiando di non ricevere abbastanza fondi nelle campagne future.
Per evitare questo sarebbe sufficiente valutare bene il valore della propria startup prima di lanciare campagne di crowdfunding sopravvalutate.
Il nanismo imprenditoriale
In Italia la stragrande maggioranza di imprese sono PMI, da qui il termine nanismo imprenditoriale. La capacità di investimento di questo tipo di imprese è, per sua natura, piuttosto limitata.
Sono invece le grandi aziende ad avere una maggiore disponibilità di capitali da investire in Italia, con l’obiettivo di impiegare nel proprio business le innovazioni che verrebbero prodotte.
Gli imprenditori in linea con quest’ottica di corporate venture capital sono però molto pochi; la conseguenza è che a livello nazionale la quantità di capitali destinati ad essere investiti nell’innovazione sono piuttosto ridotti.
In aggiunta a questo torna il problema analizzato in precedenza del seed capital. Chi ha fondi da investire preferisce puntare su imprese che hanno già superato la prima fase più rischiosa.
La soluzione a questo problema non è quindi così immediata, perché sarebbero necessari nuovi attori nello scenario degli investimenti in Italia e nuovi fondi da destinare alle startup più promettenti.
Investire in Italia: la lentezza burocratica e amministrativa
Altra nota dolente del nostro Paese che influenza in modo pesante l’arrivo di investimenti, è proprio la burocrazia. Chi vuole investire in Italia portando capitali e posti di lavoro, e vuole farlo rispettando le regole, si spaventa di fronte all’eccesso degli adempimenti amministrativi a cui si dovrà sottoporre.
Frequentemente ritardano l’avvio dell’attività e non di rado bloccano i lavori, causando danni economici.
Il divario tra Nord e Sud
In questo caso il problema risiede nel divario tra il Nord Italia e il Mezzogiorno nella distribuzione degli investimenti. Nella realtà però il quadro è più articolato rispetto a questa visione piuttosto semplicistica della situazione.
Milano fa da calamita per gli investitori e non ha assolutamente rivali.
Non è tanto la Lombardia a richiamare l’attenzione di chi ha capitali a disposizione, ma proprio l’area metropolitana di Milano. Altro polo importante e che ha avuto una lieve crescita nell’ultimo periodo è Roma.
È in questi due territori che si concentra tutto ciò che serve perché un business possa decollare: capitali, persone capaci a livello tecnico e creativo, tecnologie.
Il Mezzogiorno ha indubbie capacità a livello di capitale umano, ma poche risorse finanziarie.
I più grandi poli universitari del Sud Italia come Napoli, Palermo e Bari sfornano continuamente giovani in gamba e con tante idee, ma che non trovano fondi per avviare le loro startup.
Vuoi avviare la tua startup ma non sai come fare?