Sei sicuro che la tua startup venda un prodotto o servizio che sia la soluzione ad un bisogno reale? Scopri ciò che ti occorre sapere sulla Customer Development.
Abbiamo parlato precedentemente di come lavorare su un business model canvas, oggi parliamo di customer development approach. (Inoltre vogliamo segnalarti un interessante articolo sulle 20 call a cui puoi partecipare tra maggio e giugno).
Ma ora continuiamo a parlare di customer development approach.
Conoscere un canvas non basta, prima di compilarlo e prima di procedere alla creazione di una startup occorre rispondere ad una serie di domande.
Sicuramente le prime da porci sono:
Un cliente sarebbe disposto a pagare per il servizio/prodotto offerto?
Ci sono anche altre persone che pagherebbero come lui? il prodotto è scalabile?
Da queste domande parte il nostro focus di oggi.
Cosa significa Customer Development Approach?
Steve Blank nel suo libro The startup owner’s manual spiega il Customer Development Approach: testare il proprio business model più velocemente e più economicamente possibile presentandolo al più presto ai clienti.
Per conoscere il reale bisogno del mercato bisogna dividere il customer development in 4 fasi: la scoperta della clientela e la sua validazione (Customer Discovery Customer Validation) è la fase di ricerca di un business model ripetibile e scalabile, successivamente si passa all’execution che comporta la creazione della base di clientela e la creazione dell’azienda.
Prima ancora di costruire il MVP secondo S. Blank bisogna scoprire i clienti e lo spiega attraverso uno dei suoi slogan più famosi “Get out of the building”, solo dopo aver svolto un’indagine accurata dei potenziali clienti sarà possibile mostrare il MVP, assicurandosi che risolverà il problema trovato. Con i clienti bisogna parlarci, raffrontarsi quotidianamente, comprendendone i bisogni, i problemi e cercando di portargli e creargli il prodotto perfetto.
Quindi per la customer development approach è cruciale l’incontro tra la proposta del tuo servizio/prodotto con le effettive esigenze del cliente, una volta che sono corrisposte è possibile parlare di Product Market Fit: finalmente stai costruendo qualcosa per cui le persone sono disposte a pagare o nella migliore delle ipotesi di cui non possono fare a meno.
In caso che questo incontro non avvenga bisogna ripensare sia al prodotto, sia al business model o addirittura al target individuato. In un esito positivo si può passare alla fase della Customer Validation, si passa alla strategia per arrivare ad un ampio portafoglio di clienti e scalare; questo comporta alla determinazione del prezzo e alla scelta dei canali, perciò convalida il piano online per la creazione della domanda. Attraverso le prime vendite si potranno anche stabilire i primi risultati numerici (metriche), solo se le metriche sono positive si potrà continuare ad iterare, altrimenti si torna indietro al primo step del metodo, ovvero alla Customer Discovery.
Nel modello di Steve Blank, ogni step è di carattere iterativo. Se si fallisce, si ricomincia da capo.
La fase successiva dell’execution sarà spiegata nei prossimi focus della nostra rubrica.
Conosci il metodo hook per mettere in atto il customer development approach?
Oggi le piccole startup possono trasformare profondamente il comportamento, guidando gli utenti attraverso una serie di esperienze che vengono definiti hook. Quanto più spesso gli utenti sono presi da questi ganci, tanto più è probabile che sviluppino abitudini.
Nir Eyal parla di un vero e proprio modello del “gancio” nel suo libro “Creare prodotti e servizi per catturare i clienti”: si tratta di un modello suddiviso in 4 fasi che le aziende e piccole startup usano per infondere abitudini, rispettando il customer development approach.
Per Nir Eyal “Il modello è costituito da cicli consecutivi lungo il percorso dell’hook, i prodotti di successo raggiungono il loro obiettivo ultimo, il coinvolgimento non sollecitato degli utenti, che ritornano più e più volte, senza dover dipendere da pubblicità costose o messaggi aggressivi.”
Sempre secondo Nir Eyal si possono trovare “hook” nelle app, nei film, nelle attività sportive, nei giochi e così via.
Le vitamine e gli antifdolorifici
Prima di partire con l’analisi delle fasi del modello del gancio l’autore divide i prodotti in due categorie: le cosiddette vitamine e gli antidolorifici. Per vitamine intende tutti quei servizi o prodotti che è piacevole avere e che è piacevole possedere, ma che non rispondono realmente a un bisogno impellente; invece gli antidolorifici rappresentano tutti quei prodotti e servizi che è necessario avere, e che quindi danno sollievo da un dolore che il soggetto stava provando.
La prima fase è la fase del trigger.
I trigger sono delle associazioni che noi facciamo a determinati eventi o situazioni che ci portano a compiere un’azione. Infatti i trigger possono essere di due tipi: interni ed esterni. Quelli esterni appunto derivano dalle informazioni che sono nell’ambiente circostante. I trigger interni invece sono delle associazioni che sono conservate all’interno della nostra memoria.
La seconda fase è quella dell’azione.
L’azione avviene in vista di una possibile ricompensa. Per far sì che venga compiuta più volte in una giornata e da più persone deve essere semplice e immediata. Infatti può essere attuata per cercare accettazione o evitare il rifiuto sociale, cercare del piacere o per evitare del dolore.
La terza fase è la ricompensa variabile.
Dopo la prima azione compiuta dal soggetto questo deve ricevere un qualcosa in cambio per far sì che ritorni ad usare la piattaforma e che diventa fedele a quest’ultima. Inoltre la ricompensa deve essere variabile per intrattenere l’utente deve cambiare rispetto la prima.
Il modello del gancio dovrebbe essere eseguito da ogni startup per ottenere un passaggio definito dalla fase customer discovery alla customer validation. Lo stesso modello è utilizzato nel growth hacking ma applicato al funnel dei pirati.
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