Sommario
Il settore fashion è tra quelli più affascinanti, poliedrici ed appetibili per eccellenza.
Che tu sia uomo o donna, è bene che si conosca tutto ciò che il settore moda regala ma allo stesso tempo nasconde.
Muoversi all’interno di questo mondo fatto di tanta bellezza pretende però delle conoscenze di base imprescindibili.
Tutti i capi di alta moda che vediamo indossati dalle modelle, passano direttamente dalle passerelle alla produzione in modo rapido ed economico.
Questo processo prende il nome di fast fashion, che identifica appunto la moda di consumo veloce, immediata ed economica, ripresa soprattutto dalle grandi catene internazionali.
Parliamo ad esempio di Benetton, H&M, Zara, Mango, Bershka, Primark etc…
Più nello specifico con il termine fast fashion, si va a denotare la moda usa e getta, capi cioè che vengono indossati per una stagione e poi buttati.
Proprio per rispondere alle esigenze delle tendenze che cambiano repentinamente, l’industria tessile è costretta ad adattarsi velocemente al momento e ai gusti del consumatore.
La moda veloce, tradotto dall’inglese, non racchiude quindi vestiti da tenere in armadio insomma e sfoggiare in situazioni importanti e per questo risultano essere economici, pratici e non particolarmente “ecologici”.
Oltre ai materiali utilizzati, che ovviamente determinano un prezzo molto basso, l’industria tessile, come risaputo, contribuisce direttamente all’inquinamento ambientale con un grande dispendio di energie e risorse naturali.
Basti pensare alle materie prime di dubbia provenienza e non totalmente naturali come anche le tinture per i tessuti contenenti componenti altamente dannosi per la salute dell’uomo come ad esempio il nichel, cromo etcc
Quali sono i materiali più utilizzati nel settore fashion?
Il tessuto naturale più utilizzato al mondo è sicuramente il cotone.
Il quale però sappiamo quello provoca a livello di impatto sociale e ambientale con le coltivazioni e il trattamento di cui ha bisogno prima di essere messo sul mercato come filato.
Tra i materiali non naturali e sintetici più utilizzati nel campo fashion invece c’è il poliestere, un derivato del petrolio, altamente tossico e non riciclabile.
Queste ed altre sostanze tossiche sono presenti in vestiti composti da questi materiali e vengono rilasciate nelle acque ad ogni lavaggio ed assorbite dalla nostra pelle nel nostro corpo.
Ma perché allora la fast fashion ha successo se è poco salubre ed inquinante?
Perché abbatte i costi della moda di tendenza. Perché permette a tutti di poter indossare capi simili alle più famose griffes ma acquistandoli a prezzi accessibili.
Fast fashion: tra scarti e riciclo tessile
Se la moda è diventata qualcosa da indossare giusto il tempo di un stagione, è facile che i vestiti scartati diventino tanti ed ingombranti capaci di riempire a tonnellate le discariche con un evidente ed importante impatto ambientale.
Bisogna quindi assolutamente attenzionare la moda sostenibile.
Per tutti i motivi sopra elencati ecco che occorre puntare sempre più ad una moda sostenibile, che sia da riciclo e che offra vita nuova ad oggetti e tessuti già esistenti. Abiti e accessori realizzati con scarti di tessuti possono essere quindi il nuovo concept di moda.
A volte sono gli stessi grandi brand delle catene multinazionali che mettono in atto campagne di sensibilizzazione ad hoc circa il riciclo dei tessuti.
Raccolgono presso i loro store abiti usati per iniziative benefiche o smaltimento ricambiando il cliente con un buono acquisto o della scontistica sulla propria nuova collezione.
Queste iniziative riscontrano sempre un enorme successo di pubblico, perché il cliente acquista capi nuovi e fashion mentre le catene di distribuzione hanno la possibilità hanno la possibilità di smaltire le collezioni passate, che durano appunto una stagione soltanto.
Uno degli aspetti da non sottovalutare è però sicuramente lo sfruttamento sociale del fast fashion, poiché la produzione dell’abbigliamento low cost avviene in paesi in via di sviluppo, ma non solo, dove a farne le spese sono per la maggior parte donne e bambini che lavorano in condizioni disumane.
Uno dei casi più eclatanti si ebbe soltanto 7 anni fa, quando nel 2013 in Bangladesh, nella fatiscente fabbrica Rana Plaza morirono oltre 1000 dipendenti e rimasero ferite più di 2500 persone.
Proprio per questo l’abbigliamento fashion che ha un costo tanto inferiore deriva dal costo di produzione, nettamente abbattuto perché prodotto in paesi molto poveri come l’India, la Cambogia, il Bangladesh e la Cina, dove le materie prime non sono sottoposte ai rigidi controlli e esami chimico-fisici previsti dalla Regolamentazione Europea Reach.
Per tutti questi motivi, sarebbe preferibile scegliere capi originali, senza tempo e magari sartoriali, dove la modalità “più lenta” caratterizza appunto lo slow fashion.
Lo slow fashion si oppone al fast fashion perché promuove la qualità, la particolarità e l’unicità che sostiene e pubblicizza l’artigianato sartoriale, il lavoro locale e ricercato, che ha sicuramente un prezzo diverso ma una durata e una qualità ed una storia differente.
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