Oggi abbiamo avuto il piacere di intervistare Brian Ballas, scopriamo insieme la sua storia, la storia di chi ce l’ha fatta!
Le nostre interviste al professionista continuano. Dopo aver avuto l’occasione di intervistare Francesco Mantegazzini che ci ha spiegato strategie e consigli su come trovare i fondi per la propria startup, oggi abbiamo avuto l’opportunità di incontrare chi è riuscito a trasformare il suo sogno in realtà. Stiamo parlando di Brian Pallas.
Ma chi è Brian Pallas? Brian Pallas è CEO di Opportunity Network, una startup che crea relazioni di lavoro in forma anonima. Più precisamente, una piattaforma dove imprese di diversi paesi possono pubblicare richieste di partnership, finanziamenti, acquisizioni o vendita, e trovare controparti interessate.
Teniamo a precisare che i successi di Brian Pallas si sono riscontrati subito se pensiamo che dopo un anno la sua startup aveva già raggiunto oltre 30 dipendenti, oggi molti di più, e si era già diffusa in maniera capillare nei cinque continenti, offrendo opportunità in più di 15 settori e coinvolgendo in prevalenza aziende con un fatturato tra i 10 e i 500 milioni di dollari.
Oggi lo scale up della startup di Brian Pallas è evidente e può vantare sedi a Londra, Barcellona e New York. È utilizzata da oltre 15 mila aziende, che pagano una membership fissa e inseriscono le loro proposte sulla piattaforma alla ricerca di nuovi partner commerciali.
Ma ora conosciamo finalmente Brian Pallas!
Brian Pallas si racconta
Nel 2014 Brian Pallas ha dato vita ad Opportunity Network, una startup ieri e una corporate oggi che vale centinaia di milioni di euro, capace di mettere in contatto aziende, affinché possano lavorare tra loro creando opportunità di business. Oggi i punti di forza sono diversi come la cultura aziendale e il concetto di simbiosi. Ma vorremmo partire dagli esordi. Quali difficoltà hai riscontrato durante la creazione della sua startup? Quando hai pensato di non farcela?
Opportunity Network è oggi un’azienda di successo, ma è nata sui banchi della Columbia Business School, mentre studiavo per conseguire il mio MBA. Non c’è bisogno di nasconderlo, quando si inventa da zero un’azienda i problemi sono tanti. Per noi è stata una grande sfida far scalare il progetto iniziale e trovare i partner più adeguati per raggiungere una massa critica in numero di membri e di poterlo fare mantenendo il modello di sviluppo originale, senza svilirne le qualità.
Anche raccogliere i finanziamenti necessari per costruire il team iniziale e trovare le persone affidabili per popolarlo non fu semplice. Il tipo di idea che stavamo sviluppando tendeva esponenzialmente alla internazionalizzazione, così da richiedere personale non solo preparato per far fronte a sfide globali, ma dislocato in tutto il mondo e con competenze comunicazionali adatte ai diversi contesti. Con costi in accumulazione, abbiamo dovuto spostarci da New York a Londra e poi a Barcellona, dove finalmente abbiamo trovato il luogo migliore per stabilire le nostre operazioni. Ogni cambio è stato un po’ traumatico in sé, ma mantenere il focus in quello che volevamo realizzare ci ha aiutati a rimanere con i piedi per terra.
Quali sono, secondo il suo punto di vista, le differenze che si riscontrano per chi fa startup in Italia e chi fa startup in America?
Iniziare negli Stati Uniti ci ha sicuramente aiutato tanto, sotto diversi aspetti. Per prima cosa, il capitale disponibile per le nuove idee è tendenzialmente maggiore in quel contesto. Esiste un ecosistema flessibile, che incoraggia molto gli imprenditori e permette loro di relazionarsi con best practice già testate, che aiutano anche nei momenti più duri. L’ambiente in generale è molto collaborativo e i businessmen più rodati sono sempre disponibili a dare consigli ai novizi. In questo, devo dire, mi sono sentito molto fortunato.
Vorrei però incoraggiare chi ha idee a metterle in pratica anche in Italia, un paese dove c’è tantissimo talento che non viene adeguatamente impiegato. Rispetto agli Stati Uniti, tale talento può essere messo all’opera ad un costo nettamente inferiore, pur permettendo una remunerazione dignitosa per i candidati. Inoltre, non mi stancherò mai di dirlo, la creatività e l’abilità di reinventarsi che si incontra in generale in Italia, nonostante quelli che possono essere ostacoli burocratici ed economici, è senza eguali.
Il mondo startup è una realtà in continuo divenire. Come crede che evolverà? In quale direzione?
L’ubicazione geografica di un’azienda, quanto quella dei lavoratori, sta diventando sempre meno rilevante per lo sviluppo di un nuovo business. In futuro, grazie alla connettività e alle connessioni dell’economia globale, diventerà sempre meno importante. Per le startup soprattutto, sarà fondamentale cercare un ambiente favorevole allo sviluppo iniziale, senza porsi limitazioni geografiche relative all’area di azione o al mercato target.
Anche riguardo la business idea: la qualità del prodotto da presentare agli investitori sta perdendo e perderà sempre più rilevanza. Il trucco sarà puntare tutto sull’azione iterativa: proporre un prodotto o un servizio imperfetto allo scopo di ricevere reazioni, positive o negative, sia da parte di potenziali investitori che potenziali clienti, per poi correggere il tiro e riproporre un prodotto migliorato. Il segreto sarà sempre più nella capacità di reagire, adeguare il prodotto/servizio e tornare a riproporlo. Arrivati al primo compratore, si avrà la conferma della viabilità di ciò che si è proposto e il primo via libera allo sviluppo dell’idea o alla sua produzione.
Questo significa anche che la vera risorsa a diventare scarsa sarà la capacità di eseguire, ovvero di mettere in pratica l’idea in tutte le possibili iterazioni più velocemente possibile, per battere sul tempo i possibili concorrenti. Non sarà semplice, si tratterà di adeguarsi ad un nuovo stile, puntare più sull’essere ricettivi dei pareri ricevuti, anziché aspettare di avere un prodotto finito e perfetto prima di presentarlo: “restare sul pezzo” e continuare ad evolvere rapidamente, al passo dell’ambiente circostante.
Quali consigli Brian Pallas si sente di dare ai nostri lettori relativamente all’importanza del team all’interno di una startup?
Costruire il team adeguato alle esigenze di Opportunity Network continua ad essere una sfida con cui ci interfacciamo ogni giorno. Come per tutte le cose veramente ben fatte, non esiste una ricetta che sia valida per tutti. Esistono però alcune linee guida che noi abbiamo seguito e che continuiamo a seguire.
Per esempio, abbiamo fatto della diversità un valore fondamentale. Per noi che lavoriamo in un ambiente internazionale è stato indispensabile fin dall’inizio puntare su profili profondamente variegati sia dal punto di vista di genere, etnia e provenienza, ma anche dal punto di vista educativo e professionale.
Fin dalla costituzione della squadra manageriale, abbiamo privilegiato candidati che hanno avuto esperienze in paesi diversi, studiato e lavorato in contesti multiculturali, che abbiano dato loro la possibilità di comunicare in lingue diverse. Abbiamo scelto di non limitarci a selezionare persone provenienti solo da università blasonate, ma di valutare positivamente anche le esperienze personali e le conoscenze acquisite da esse. Collaboriamo inoltre con persone di tutte le fasce d’età, dai 20 ai 70 anni, in oltre trenta paesi del mondo. In ufficio abbiamo 42 nazionalità e differenti orientamenti sessuali.
Nonostante la diversità della squadra, siamo molto attenti a mantenere costante il nostro DNA costitutivo, ovvero la maniera di vedere le cose e di operare. I nostri valori fondamentali sono quattro: integrità, trasparenza, semplicità e simbiosi. Durante ogni colloquio discutiamo con i candidati questi valori per accertarci che siano un elemento costitutivo della loro etica lavorativa e che la percezione che abbiamo di essi sia la stessa. Pensiamo infatti che sia indispensabile avere una visione coerente e coesa su pochi valori fondamentali, per poter assicurare ad ogni impiegato il maggior raggio d’azione possibile, permettendogli di generare in maniera autonoma, ma allo stesso tempo collaborativa, il massimo beneficio per l’azienda.
Brian Pallas è stato tra i contributori del nuovo libro di Massimo Ciaglia: “The Startup Canvas. Il metodo per trasformare una idea in un successo sicuro”, best seller dell’ecosistema startup. Cosa pensa di questa innovativa guida strategica ed operativa?
Della guida creata da Massimo, a cui sono stato molto lieto di collaborare offrendo Opportunity Network come caso di studio, mi ha entusiasmato soprattutto la sezione del “canvas” duro e puro. I modelli citati e gli schemi utilizzati da Massimo rendono facile e veloce la comprensione delle strutture complesse del Business Model Canvas e del Lean Canvas, concetti anglosassoni non necessariamente familiari agli aspiranti imprenditori nel nostro paese.
Con la proposta di creare uno Startup Canvas, Massimo non solo riesce a far dialogare i due modelli sopracitati, ma li arricchisce della sua esperienza pluriennale come startup coach, offrendo una prospettiva che orienta il lettore al modello iterativo di sviluppo continuo. Vedendo la costituzione di una startup come processo, Massimo mette in pratica quello che secondo me è uno dei valori fondamentali di chi vuole fare startup: non prendere un errore o una risposta negativa come uno smacco, ma piuttosto come un importantissimo elemento da tenere in considerazione per migliorare la proposta di valore dell’azienda.
Il percorso di Brian Pallas sicuramente non è stato semplice, come lui stesso ammette all’inizio della sua intervista, ma allo stesso modo Brian Pallas è sicuramente uno startupper che è riuscito a raggiungere il suo sogno, avendo il coraggio di aprire quel “famoso cassetto”.
Se anche tu, come Brian Pallas, hai un sogno nel cassetto, ma non sai come muoverti, come procedere, affidati ad una guida sicura